Stare bene per fare bene: l’importanza della salute psicologica come fattore di produttività nelle organizzazioni

La spinta data dalla pandemia verso il passaggio in massa a una condizione di lavoro da remoto e l’attuale pro­filarsi di un “new normai” caratterizzato da un’organizza­zione del lavoro “blended” in cui i tratti dello smart wor­king troveranno compendio con il lavoro in presenza, ha portato le aziende alla necessità di porre rinnovata atten­zione al tema del benessere psicologico dei lavoratori, quale fattore chiave per la produttività. Quello che si sta vivendo è un cambiamento di tipo organizzativo, che comporta un altrettanto rilevante cambiamento nella natura stessa delle mansioni, in cui gli aspetti routinari di modularità e preve­dibilità temporale, contenutistica e spaziale cedono il passo
a un form9 “liquida” che richiede una significativa capacità adattamento all’incertezza, una sempre di più spiccata capacità di giudizio e di problem solving, di innovazione, di comunicazione e di gestione delle relazioni anche attraverso gli strumenti digitali che caratterizzano il nuovo contesto socio-tecnologico in cui le prestazioni lavorative si colloca­no. Le aziende si sono trovate, pertanto, di fonte a una duplice sfida: da un lato la necessità trovare nuovi percorsi per sopravvivere a una crisi inaspettata, dall’altro quella di comunicare e adattare tali percorsi al nuovo ecosistema. In questo scenario diventa centrale il ruolo giocato dalle pos­sibilità espressive dei lavoratori nell’ambito delle dinamiche dell’organizzazione, per favorire il quale è indispensabile l’instaurarsi di un clima di sicurezza psicologica, dunque di una condizione di benessere piscologico complessivo, che renda le persone libere di esprimersi e di raggiungere alti obiettivi, entrambi possibili solo a condizione che vi sia pie­na consapevolezza da parte dei manager e un altrettanto forte commitment da parte delle direzioni aziendali.
Per aver chiaro quale sia il cammino da intraprendere per muovere le organizzazioni in questa direzione e, per conse­guenza, comprendere quali siano le azioni di analisi, orien­tamento, revisione organizzativa, supporto formativo e per­sonale da mettere a disposizione della popolazione azien­dale per favorirne al massimo il benessere mentale, occorre chiarire il concetto di sicurezza e di benessere psicologico. 11 termine sicurezza psicologica nasce negli anni ’90, e si può definire come quel tipo di atmosfera in cui le persone riescono impiegare se stesse senza paura di possibili conse­guenze negative. Rimanda all’idea di un equilibrio tra la persona, i suoi bisogni, le risorse che può mettere in campo per raggiungere le sue finalità e far fronte alle difficoltà, la capacità di relazionarsi con se stesso e con gli altri, la pos­sibilità di adattarsi alle sfide che la vita propone, anche a quelle che gli vengono poste dal contesto lavorativo. Il benessere psicologico non è un elemento monodimenso­nale, ma chiama in causa diverse componenti, tutte ben esplicitabili nel contesto organizzativo.
La capacità di essere indipendenti, di auto-determinarsi, di sviluppare un pensiero autonomo rispetto alle pressioni sociali, il saper valutare se stessi in base ai propri standard; l’essere in grado di padroneggiare l’ambiente in cui si vive, cogliendo le opportunità e fronteggiando le avversità; il sentirsi in continuo sviluppo e in grado di esprimere il pro­prio potenziale, rimanendo aperti a nuove esperienze; saper costruire delle relazioni affettive e sociali basate sulla fidu­cia, sul calore, sull’intimità, sull’empatia, sulla reciprocità; il sentire di direzionare le proprie energie verso degli scopi definiti, che diano un senso al proprio agire, sono dimen­sioni del benessere psicologico che hanno un chiaro portato in termini di comportamenti funzionali al successo dell’or­ganizzazione, e sono pertanto le direttrici su cui le direzioni aziendali devono far convergere sforzi e risorse.
È importante che le aziende siano ambienti di lavoro “psi­cologicamente sicuri”, in cui le persone possano condividere errori o insuccessi senza timore di giudizio o di punizione, in cui si goda di una fiducia reciproca capace di generare una comunicazione sicura in termini psicologici e relazionali. La sicurezza psicologica, infatti, è un fenomeno a livello di gruppo, che genera apprendimento di schemi comunicativi efficaci che si riflettono nella creazione di comportamenti altrettanto efficaci e di prestazioni lavorative migliori.
Per creare un ambiente di lavoro psicologicamente sicuro, pertanto, è necessario agire sulla comunicazione orizzontale e verticale, coinvolgere astenendosi dal giudicare le idee proposte, così da favorire un orientamento volto all’appren­dimento continuo; è necessario motivare lo sforzo dei lavo­ratori in modo tale da far comprendere l’importanza che ognuno ha nelle sorti dell’organizzazione. Infine, non si può prescindere dal proporre una continua autovalutazione del­la leadership aziendale per far sì che il processo di appren­dimento coinvolga tutti i livelli dell’organizzazione. Attuare comportamenti virtuosi di questo genere produce tanto benefici sul morale, quanto, in parallelo, è in grado migliorare la probabilità che un tentativo di innovazione del processo abbia successo; migliora inoltre il processo di apprendimento sotto l’aspetto quantitativo e qualitativo, aumenta l’engagement dei dipendenti e migliora la qualità dell’innovazione. Risulta, quindi, evidente la necessità nelle organizzazioni di adottare uno stile di leadership orientato allo sviluppo di nuove forme di comunicazione al fine di generare e preservare alti livelli di sicurezza psicologica, motivazione e impegno tra i lavoratori.
Nell’emergenza sanitaria che ha colpito le aziende a livello globale, sarebbe auspicabile uno stile comunicativo volto alla sicurezza psicologica. L’adozione di comportamenti di sicurezza in un contesto emergenziale deve rappresentare un sistema valoriale interiorizzato, quindi capace di espri­mersi anche in futuri contesti diversi. A tal riguardo credo che sia opportuno che ogni azienda crei una sua narrazione della capacità di gestione della crisi emergenziale, in modo da dare forza e valore a tale potenzialità. Generare un senso di alleanza e di collaborazione all’interno di un’organizza­zione è una sfida tanto per il presente quanto per il futuro. Componenti come la fiducia, il lavoro di squadra, la flessi­bilità, l’empatia sono elementi facilitatori nella gestione non solo della crisi attuale ma anche di future crisi. Per contro, l’eccessivo controllo, la riluttanza a far esprimere le poten­zialità e le idee dei propri dipendenti può generare reazioni avverse del lavoratore contro l’organizzazione.
Un ulteriore aspetto da non punire ma da considerare posi­tivamente è l’attrito organizzativo: bisogna evitare il silenzio organizzativo dei collaboratori sul futuro e l’ottimismo reto­rico, a favore di una mentalità aperta al cambiamento e alla sperimentazione e proattiva.

 

Genova Impresa – Gennaio/ Febbraio 2022