Sicurezza sul lavoro

Demotivarsi alla sicurezza

Il fenonemo “Yes Man” in ambito Salute e Sicurezza.

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Chi non ha visto il film “YES MAN”? L’inimitabile Jim Carrey in carriera, abituato a rispondere sempre di NO, si trova per uno strano scherzo del destino a dover dire sempre di SI a richieste e suggerimenti dei colleghi e di tutte le persone che lo circondano. Solo in questo modo riesce a uscire completamente dalla sua routine e si addentra alla scoperta non solo di un mondo sconosciuto, ma addirittura di nuove caratteristiche di sé stesso.

Dal film si evince che dire “NO” sia la soluzione più facile e veloce in caso di problemi, imprevisti, o potenziali situazioni seccanti. In questo caso però, si tratta di una vera e propria strategia di svincolamento, e abituandosi a dire di “SI”, il protagonista riscopre anche di avere una vita sociale. In realtà rispondere “NO” può essere complicato, ad esempio a causa della paura di deludere qualcuno. Dire sempre “SI” può essere sintomo di passività, soprattutto se l’azione specifica viene poi affrontata controvoglia. Il risultato sarà evidentemente dispiacere, frustrazione e rabbia.

Questo concetto è altresì conosciuto nell’ambiente imprenditoriale: la passività comporta infatti rischi e costi nascosti, che rischiano di gravare in maniera irreparabile sull’andamento aziendale. Sia nella vita personale sia sul lavoro, gli “YES MAN” sono i prototipi di un’attitudine passiva al lavoro e al contesto lavorativo di tutti i processi, e, per chi si occupa nel dettaglio di organizzazione aziendale, si potrebbe definire “stupidità aziendale”.

E se tale penalizzazione aziendale avesse ripercussioni anche sulla sicurezza? Se questa passività da parte degli Yes Man potesse nuocere, a lungo andare, anche sui comportamenti pericolosi, o peggio ancora sul numero degli infortuni in azienda? Se questo atteggiamento negativo diventasse contagioso, l’azienda rischierebbe di fare un passo indietro e pertanto di allontanarsi sempre di più da una cultura della sicurezza comune.

È da precisare che gli “stupidi aziendali” non sono persone con palese incapacità cognitiva, bensì sono soggetti che sono portati a non riflettere sulla ripercussione di qualsiasi loro azione sugli andamenti aziendali, magari con l’obiettivo di non creare disturbi o conflitti interni: i dipendenti si adattano a tutte le regole imposte, “subendole” e senza provare a capirne il senso. Sul lungo periodo, questi atteggiamenti riducono la motivazione, gli obiettivi personali e di conseguenza quelli aziendali. Sulla sicurezza la ripercussione sarebbe la stessa se non addirittura più grave: il lavoratore che “subisce” la sicurezza non potrà mai sentirsi parte attiva della stessa, seguirà le regole solo come imposizioni, e non penserà due volte a trasgredirle appena il suo responsabile o preposto volterà le spalle, perché avrà perso la capacità di mettersi nell’ottica di essere il primo responsabile della sicurezza, per sé stesso, per gli altri e per l’azienda.

Il problema di fondo però, è che questa stupidità funzionale è spesso ben vista dai ruoli dirigenziali, dal momento che i lavoratori eseguono, anche il modo preciso e scrupoloso, ma senza mai mettere in discussione il loro ordinato, pertanto la percezione che si ha è che i processi produttivi vengano portati avanti molto più velocemente. Il dipendente che invece, pur eseguendo le direttive dei suoi superiori, commenta e consiglia migliorie sul suo contesto aziendale di appartenenza, può portare in certi casi un valore aggiunto; in prima battuta si potrebbe avere evidentemente un rallentamento di uno o più processi aziendali, ma se da un confronto tra il capo e il collaboratore emergono alcuni vantaggi, è l’azienda nel suo complesso ad ottenerne i benefici. Il lavoro potrebbe risultare dapprima un po’ più lento, ma alla fine meglio eseguito perché ragionato.

Dal punto di vista della Sicurezza e della Prevenzione, il concetto è analogo: se le migliorie proposte dai lavoratori vengono ascoltate e/o messe in pratica, il lavoratore si sentirà motivato ad essere un ingranaggio fondamentale del sistema di sicurezza aziendale, e tutti i componenti dell’impresa, passo dopo passo, vedranno la sicurezza non solo come un banale costo da sostenere per essere a norma di legge, ma come un investimento essenziale per l’azienda e per le persone che la compongono.

Tutti i processi per non essere alla lunga disfunzionali richiedono passione e multidisciplinarietà. È sicuramente meglio saper riflettere sulla programmazione di una o più lavorazioni, rispetto alla gestione di un’emergenza.

Per arrivare a questo risultato, serve un impegno manageriale collettivo, dai vertici fino alla “base della piramide”, accompagnando tutti i componenti verso i cambiamenti e le azioni nuove che l’azienda ha deciso di intraprendere, in modo che non esistano più le frasi killer del tipo “non è compito mio” o “ci penserà qualcun altro”. È interessante osservare i molteplici cambiamenti che avvengono all’interno delle aziende in materia di sicurezza, dal numero degli infortuni che vanno a calare se non ad annullarsi, al numero di segnalazioni da parte dei lavoratori, alla capacità di ascolto e di leadership di preposti e dirigenti, alla consapevolezza da parte di tutti di essere una componente attiva ad essenziale per il raggiungimento di una condizione sicura globale.

Bibliografia:

“Il paradosso della stupidità: il potere e i danni della stupidità funzionale in ufficio” – André Spicer

Articolo pubblicato su Punto Sicuro